UNCM: OSSERVAZIONI ED EMENDAMENTI AL DDL S. 2284
Come già ribadito nelle precedenti osservazioni sul tema della riforma del processo civile in oggetto, si ritiene opportuno richiamare l’attenzione sulle caratteristiche fondanti e irrinunciabili della giurisdizione delle relazioni a fini di riforma in termini di efficienza: unitarietà, specializzazione, multidisciplinarietà, prossimità, formazione.[1]
Si ritiene, infatti, necessario condurre la riflessione sulle riforme da apportare muovendo dalla struttura e funzione della giurisdizione familiare e delle relazioni per individuare i punti nodali da riformare e quelli da valorizzare in quanto caratterizzanti il servizio Giustizia che si intende rendere maggiormente efficace.
In questo senso, non si può prescindere dalle normative sovranazionali che individuano primariamente i principi della Giustizia delle relazioni, tra cui si ricorda la Convenzione sui diritti del fanciullo (che impegna gli Stati alla promozione ed istituzione autorità e giurisdizioni specializzate per le persone minori, soprattutto in ambito penale, art. 40 quarto comma), le normative comunitarie[2], così come le linee guida del Consiglio d’Europa per una giustizia child friendly (17.11.2010) che sanciscono i principi di specializzazione del personale che accompagna le persone minori prima durante e dopo il percorso giudiziario per la loro migliore tutela (si vedano altresì Convenzione di Strasburgo del 1996 – ratificata dalla legge 77/2003; Trattato di Lisbona e Carta di Nizza; Convenzione europea dei diritti dell’uomo).
In particolare, non può rinunciarsi all’unità della giurisdizione (civile e penale) e quindi al mantenimento del processo penale minorile come oggi strutturato, in forma separata e specializzata rispetto alla funzione penale ordinaria.
Cardine, infatti, del processo penale minorile risulta essere la tutela dei prioritari bisogni educativi e di crescita del minore che abbia commesso un reato, e ciò in ossequio ai noti principi costituzionali sanciti dagli articoli 31, 2°co e 30, 2°co della Carta Costituzionale in virtù dei quali rispettivamente “la Repubblica protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo” e “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i
loro compiti”.
È dunque indispensabile salvaguardare l’unità tra giurisdizione civile e penale al fine di assicurare una visione complessiva e unitaria di tutti gli aspetti, tra loro interconnessi ed ontologicamente inscindibili, delle procedure afferenti: accertamento delle responsabilità penali/valutazione della qualità delle relazioni familiari/delle competenze genitoriali/delle condizioni socio-economiche del nucleo/del benessere del minore e delle sue capacità di miglioramento.
L’accentramento di servizi e funzioni, previsto dal disegno di legge 2284, può costituire effettivo e concreto strumento di risparmio e ciò ancor più nella materia della giurisdizione delle relazioni nella quale da tempo è stato invocato dagli operatori del diritto.
Si ritiene, però, che il risparmio possa essere effettivo e reale solo se l’accorpamento sarà parimenti effettivo e reale in un’Autorità unica e non già una mera modifica formale e/o di denominazione, la cui realizzazione, qualora dovesse essere approvato il DDl 2284 nella sua attuale formulazione, determinerebbe oltretutto, e ciò lo si nota in particolare modo in materia penale, il venire meno del principio di specializzazione, in aperto contrasto con il dettato costituzionale.
Sul piano della giurisdizione civile il DDL 2284 mantiene la sussistenza di un doppio binario di competenze e di attribuzioni (semplicemente mutandone il nome dei due separati ambiti: sezione circoscrizionale e sezione distrettuale) che conserva sostanzialmente immutate tutte le sovrapposizioni ad oggi esistenti (in termini di doppia tutela con contrasto di giudicati ovvero reciproci rigetti di competenza con conseguente denegata giustizia o vuoti di tutela) di cui all’art. 38 disp. att. c.c. Aspetti tutti questi che costituiscono la principale causa di dispendio di risorse, costi ed energie senza alcun esito di concreta tutela.
Sul piano della giurisdizione penale il DDL 2284, che nelle intenzioni dei firmatari dovrebbe realizzare una razionalizzazione dell’intero sistema afferente anche la Giustizia minorile, facendo salvo il “rispetto della specializzazione”, determinerebbe, qualora il testo in discussione venisse approvato nella sua attuale formulazione, un gravissimo vulnus alla stessa.
Anzitutto, prevedere la creazione di “Gruppi Specialistici” nelle Procure della Repubblica ordinarie, privi di qualsiasi autonomia avrebbe come conseguenza ultima quella di far venir meno definitivamente la specializzazione della magistratura minorile, quanto meno di quella requirente, considerato che dopo l’introduzione del giusto processo, l’unico organo di promozione dell’intervento del giudice a protezione del minore è la Procura della Repubblica minorile.
L’essenzialità dell’organo requirente in ambito minorile, e quindi la necessità che lo stesso sia composto da magistrati specializzati e che si occupino in via esclusiva di minori, si evince dalle fondamentali funzioni che allo stesso sono attribuite, quali, tra le altre:
- la valutazione delle necessità educative dell’autore di reato, attraverso la predisposizione, con i Servizi e con l’imputato e la sua famiglia, di un percorso educativo che possa divenire oggetto di M.A.P., istituto sostanzialmente diverso rispetto a quello previsto dalla legge n. 67 del 28.04.2014; valutazioni in ordine alla imputabilità del minorenne e alla irrilevanza del fatto;
- la legittimazione all’azione civile (esclusiva, in materia di accertamento dello stato di abbandono), cui consegue la partecipazione al procedimento, attraverso la presenza in udienza, la formulazione di pareri, la presentazione di nuove domande ed il potere di impugnazione (ben diverso, quindi, dal ruolo tradizionale del pubblico ministero ordinario nei procedimenti civili);
- la competenza ispettiva sulle comunità, presso i quali i minorenni vengono collocati a vario titolo.
Appare, quindi, di tutta evidenza che, per mantenere un criterio di efficienza, che si sposi peraltro con una visione costituzionalmente orientata del disegno di legge in questione, soprattutto al fine di garantire il fondamentale principio della specializzazione, sarà necessario eliminare la previsione della creazioni di “gruppi” specializzati privi di qualsivoglia reale autonomia e quindi effettiva specializzazione presso le Procure ordinarie, e prevedere invece la creazione di vere e proprie sezioni specializzate sia in sede circondariale che distrettuale coordinate da un Procuratore distrettuale per la persona la famiglia e i minori che sarà nominato dal CSM.
Pare a tal proposito utile rammentare, per sommi capi e senza pretesa di esaustività, il quadro normativo internazionale di riferimento, al quale il nostro legislatore non può rimanere indifferente, ed in particolare : la Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati del 1951; • il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966; • il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966; • la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989; • la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006; • la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (serie dei trattati europei n. 5); • la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori del 1996; • la Carta sociale europea riveduta del 1996; • la Convenzione del Consiglio d’Europa sulle relazioni personali riguardanti i minori del 2003; • la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali del 2007; • la Convenzione europea sull’adozione dei minori (riveduta) del 2008; • le Regole minime delle Nazioni Unite per l’amministrazione della giustizia minorile (“Regole di Pechino” del 1985); • le Regole delle Nazioni Unite per la protezione dei minori privati della libertà (“Regole dell’Avana” del 1990); • le Linee guida delle Nazioni Unite per la prevenzione della delinquenza giovanile (“Linee guida di Riyadh” del 1990); • le Linee guida delle Nazioni Unite sulla giustizia nelle cause che coinvolgono minori vittime e testimoni di reato (Risoluzione 2005/20 del Consiglio economico e sociale del 2005); • la Nota di orientamento del Segretario generale delle Nazioni Unite: approccio dell’ONU alla giustizia dei minori (2008); • le Linee guida delle Nazioni Unite per l’uso e alle condizioni idonee dell’accoglienza eterofamiliare dei minori (2009); • i Principi relativo allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la tutela e la promozione dei diritti umani (“Principi di Parigi”);
In sostanza, la riforma, così come strutturata, non garantisce alcuna efficienza della Giustizia con riferimento alla giurisdizione delle relazioni e parrebbe porsi in contrasto con le norme internazionali ed Europee di riferimento
L’UNCM invita, quindi, a realizzare, in tale ambito, una effettiva unificazione delle competenze nell’ambito di una Autorità unica quale concreto accorpamento di risorse in grado di garantire l’utilizzo funzionale e realmente efficace delle stesse, senza dispersioni. In tal senso e solo in tal senso potrebbe aversi un notevole risparmio in termini di spesa, miglior razionalizzazione delle risorse sul territorio con conseguente maggior efficienza del sistema ed evidente positiva ricaduta sulla qualità e tempestività dell’azione giudiziaria[1]
La costruzione di un tale sistema è peraltro già nota al Legislatore parlamentare, come proposta dal disegno di legge S 1238, presentato al Senato il 10 gennaio 2014 e all’esame della relativa Commissione Giustizia, accorpato ai disegni di legge S 194 e S 595, dal titolo “Istituzione del tribunale per la persona e le relazioni familiari, nonché́ delega al Governo per l’organizzazione dei relativi uffici[2]. L’esame di tali proposte si è interrotto alla seduta del 24 marzo 2015 allorché il Viceministro Costa ha dato atto della sovrapposizione di tale ambito con quello della legge delega per l’efficienza del processo civile presentato dal Governo alla Camera. Ben potrebbero ora essere riprese le posizioni di tali disegni di legge al fine di integrare il disegno di legge n. 2284 in discussione ovvero prevedere uno stralcio da tale ultimo disegno dell’ambito relativo alla giurisdizione della persona e delle relazioni che investe materia anche penale e pertanto incongrua con il tema trattato dalla delega e richiede una riflessione specifica per giungere ad una soluzione concretamente efficiente oltre che efficace.
Con riferimento, invece, allo strumento del processo civile, di cui il DDL 2284 si occupa in maniera estesa come riferito dalla stessa denominazione, l’UNCM ribadisce la necessità, sempre più sentita dagli operatori del diritto negli ultimi tempi, di concreta applicazione del principio del pieno contraddittorio in tutte le procedure familiari e minorili, integrando e riformando il rito camerale.
Parimenti non è più procrastinabile l’emanazione di una normativa processuale per la nomina dell’ Avvocato del minore, del Curatore e o del Tutore del minore e per l’accesso del minore al patrocinio dello Stato.
Ad oggi, nonostante le disposizioni processuali della legge n.149/2001[3]siano entrate in vigore il 1 luglio 2007, non è infatti ancora stata emanata la necessaria normativa sulla difesa d’ufficio[1] nei procedimenti civili minorili e ciò ha comportato notevoli problemi interpretativi sia in dottrina che in giurisprudenza e la presenza sul territorio nazionale di differenti prassi giudiziarie[2] Inoltre il compenso spettante al curatore/avvocato per l’opera prestata in giudizio non è espressamente regolamentato né dal TU sulle spese di giustizia né da altra normativa.
Si ritiene, dunque, che solo con una riforma complessiva e completa dell’intero sistema processuale relativo ai diritti della persona e delle relazioni che valga a preservare le caratteristiche fondanti tale giurisdizione (unità, specializzazione, multidisciplinarietà, prossimità e formazione) si possa ottenere il risultato concreto di una Giustizia più efficace ed efficiente in tale determinante ambito della vita del Paese, quale si ritiene sia lo scopo della riforma presentata dal Governo.
[1] Nel diritto interno la specializzazione- in materia minorile – è stata ritenuta irrinunciabile per i compiti di protezione dell’infanzia e della gioventù (cfr da ultimo Corte Cost. sentenza n.1 del 12/01/2015) al punto da ritenere ragionevole, per salvaguardarla, anche il sacrificio dell’esigenza di concentrazione dei processi (Corte Cost. n. 194 del 24/09/2015 [2] Cfr “Linee Guida del Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore;adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010 [3] Obiettivo questo non raggiungibile con la previsione di “sezioni specializzate” avanti il Tribunale ordinario in considerazione del fatto che nei Tribunali di dimensioni piccole o medie piccole (che sul territorio nazionale rappresentano il maggior numero) l’esclusività delle funzioni non potrebbe mai essere assicurata [4] d’iniziativa dei senatori Lumia, Casson, Capacchione, Cucca, Filippin, Ginetti e Lo Giudice; nello stesso senso la proposta di legge n. 2461, presentata alla Camera dei Deputati il 17 giugno 2014, dal titolo “Istituzione del tribunale per la persona e le relazioni familiari, nonché́ delega al Governo per l’organizzazione dei relativi uffici”. [5] Il nostro ordinamento adeguandosi alla normativa internazionale, con la legge 28 marzo 2001, n. 149, ha modificato nei procedimenti di limitazione e decadenza della responsabilità genitoriale (art. 37) l’art. 336 c.c. aggiungendovi un ultimo comma nel quale si prevede che “per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore”. Per i procedimenti di adottabilità l’ultimo comma dell’art. 8 della legge 184 del 1983 ( come modificato dall’art. 8 della legge 149 del 2001) stabilisce il principio che “il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti di cui al comma 2 dell’art. 10”. Il secondo comma dell’art. 10 ( come modificato dall’art. 10 della legge 149 del 2001) prevede che, all’atto dell’apertura del procedimento, i genitori o ai “parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore” devono essere espressamente invitati dal giudice a nominare un difensore di fiducia e sono informati che in mancanza sarà nominato un difensore d’ufficio. La disposizione si riferisce al difensore d’ufficio nominato dal giudice in difetto di quello di fiducia per i genitori, ma è anche riferibile al difensore del minore la cui nomina, in base alla giurisprudenza che ne è seguita, è disposta dal giudice nei casi in cui non sia nominato direttamente dal tutore o dal curatore speciale. [6] In data 19/09/2003 fu presentato alla Camera dei Deputati il disegno di legge n. 4294 recante
“Disciplina della difesa d’ufficio nei giudizi civili minorili e modifica degli articoli 336 e 337 del codice civile in materia di procedimenti davanti al tribunale per i minorenni” : dopo l’approvazione alla Camera l’iter del disegno di legge si è “arenato” al Senato. Non risultano altre iniziative né nella presente legislatura né nelle precedenti. [7] In assenza di indicazioni normative, in ordine alla difesa del minore nei procedimenti in cui è parte necessaria, la giurisprudenza ha confermato la prassi di nominare nei procedimenti civili al minore non un avvocato – come la riforma del 2001 aveva disposto – bensì un curatore speciale. Nella prassi giudiziaria le funzioni di curatore speciale del minore continuano perciò, in assenza della normativa sulla difesa d’ufficio nei giudizi civili, ad essere attribuite ad avvocati (per evitare che questi debba nominare un avvocato per lo svolgimento delle attività processuali) che possono esercitare direttamente la difesa in giudizio. Il curatore del minore deve altresì essere nominato nelle azioni di stato (dichiarazione giudiziale della paternità e maternità, impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità) e può essere nominato ex art. 78 cpc in caso di conflittualità genitoriale nei procedimenti separativi fra genitori e anche in tali giudizi nella prassi giudiziaria le funzioni sono in genere attribuite ad avvocati. Il compenso spettante al curatore/avvocato per l’opera prestata in giudizio non è espressamente regolamentato né dal TU sulle spese di giustizia né da altra normativa