BREVI SPUNTI DI RIFLESSIONE SULL’ESERCIZIO DELLA RESPONSABILITA’ GENITORIALE NEI PROCEDIMENTI DI SEPARAZIONE E DIVORZIO

A cura dell’Avv. Angelo Polacco

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Preambolo

Il presente non ha pretesa od aspirazione di completezza, ma vuole, semplicemente, costituire la base per spunti di riflessione in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale, nei procedimenti di separazione e divorzio.

V’è da dire che, sul tema, si fronteggiano due teorie.

Per l’una, soprattutto nei primi tre anni di vita del minore, nel rapporto figlio/figlia-genitore, è sempre prevalente, a prescindere, la funzione della madre (per una sorta di cordone ombelicale inscindibile che la legherebbe inestricabilmente al figlio/figlia).

La madre avrebbe un ruolo insostituibile nella relazione genitoriale col minore, sicché il padre dovrebbe ricoprire sempre un ruolo di secondo piano. Alla madre dovrebbe essere assicurato, in ogni caso, un ruolo prevalente nella gestione della cura del minore e dei suoi interessi.

Nell’interesse del minore, pertanto, si dovrebbe riconoscere sempre la potiorità della madre nell’esercizio della funzione genitoriale e dare attuazione, nei procedimenti di separazione e divorzio, alla detta potiorità.

Per l’altra, non può esistere un aprioristico privilegio di genere in favore della madre, anche nei primi anni di vita del minore, nel rapporto figlio/figlia-genitore, posto che il minore ha certamente bisogno di tutt’e due le figure di riferimento genitoriale.

Per essa teoria, non si può prescindere dal tenere presente: che il minore è persona in fieri, per questo bisognosa di particolare cura e protezione e non in condizione di parità con l’adulto; che l’interesse del minore, ogni qualvolta entra in relazione con gli adulti (ciò vale anche per i genitori) è preminente e come tale deve essere considerato, così da fare in modo che si superi la condizione di oggettiva disparità e si realizzi una parità sostanziale nel rapporto minore-adulto; che il minore ha il diritto -coincidente con il corrispondente suo bisogno- di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e di godere dell’apporto di tutt’e due i genitori in tema di cura, educazione,istruzione ed assistenza morale; che il minore ha necessità e diritto di intrattenere rapporti significativi con i ceppi parentali di entrambi i genitori.

Opta, quindi, per la necessità dell’esame caso per caso, senza pregiudizi di sorta, nella scelta del genitore c.d. “collocatario” (brutta parola che identifica il genitore presso cui il minore dovrà risiedere e dimorare stabilmente)-(1).

Per rendere chiaro quanto sopra enunciato, si procederà, dapprima, a disamina di alcune sentenze che traducono in pratica, attraverso l’esame dei singoli casi – come avviene in ogni pronunzia giudiziaria-, le dissertazioni teoriche e la normativa di specie.

Seguirà, poi, l’esame, per assai sommi capi, dell’evoluzione sociale in tema di responsabilità genitoriale e della legislazione che ha recepito le istanze provenienti dalla società e dagli studi scientifici di settore.

2.-

Giurisprudenza di merito e della Cassazione favorevole alla seconda teoria.

2.-a

Giurisprudenza di merito

2.-a/1

Si partirà con l’ordinanza del 2.12.2016 emessa dal Tribunale di Catania -Dott. Felice Lima- nel giudizio n.1565/14 (1), sia perché recentissima, sia perché riesce a tratteggiare con chiarezza aspetti assai rilevanti, relativamente all’esercizio della responsabilità genitoriale nei procedimenti di separazione e divorzio.

La detta ordinanza esprime un concetto fondamentale: la responsabilità genitoriale si appartiene ad entrambi i genitori. Essa non è patria e non è matria.

Con la responsabilità genitoriale, i genitori sono messi in condizione di parità e si presume che essi abbiano pari capacità di esercizio della funzione genitoriale.

Essa ordinanza critica quello che definisce un “non confessato pregiudizio di fondo” nell’approccio alla tematica su cui qui si riflette, per cui: “”-i figli piccoli sarebbero principalmente delle madri; -ai padri verrebbe solo consentito di esercitare i loro diritti/doveri; -il collocamento naturale dei figli dovrebbe essere presso la madre; -l’affidamento e/o collocamento presso il padre dovrebbe ritenersi innaturale ed eccezionale ed il provvedimento che lo dispone abbisognevole di motivazioni particolari e straordinarie””.

Spiega, con chiarezza, che secondo lo stato attuale della legislazione e di principi anche etici generalmente condivisi nel nostro paese, è invece vero che: “”-i figli sono di entrambi i genitori, che hanno, con riferimento ad essi, eguali diritti ed uguali doveri; -in mancanza di prove del contrario, entrambi i genitori si devono presumere idonei ad esercitare le loro responsabilità ed a divenire         affidatari e/o collocatari dei figli; -i provvedimenti che dispongono l’affidamento e/o il collocamento dei figli presso i padri non richiedono motivazioni ulteriori e diverse rispetto a quelli che dispongono l’affidamento e/o il collocamento dei figli presso le madri; -il mutamento delle condizioni di affidamento e/o collocamento dei figli, dalla madre al padre e/o viceversa, non costituisce atto violento o innaturale , essendo, al contrario, per un verso coerente con quanto appena detto in ordine alla uguale dignità di entrambi i genitori ad occuparsi dei figli e, per altro verso, utile a favorire nei figli la consapevolezza del fatto che essi sono figli di due genitori e di due genitori con eguali responsabilità e capacità.””

Essa ordinanza mette in evidenza quello che dovrebbe essere un principio cardine per le coppie separate o divorziate o che sono alle prese con procedimenti di separazione ancora in corso: i genitori, lasciando da parte desideri di rivalsa o ripicche, devono ambire a realizzare un programma condiviso per lo sviluppo psico-fisico del figlio minore e devono impegnarsi per realizzarlo. Debbono smetterla di pensare che uno dei due sia il solo in grado di accudire il minore e di percepirne i bisogni. Ognuno dei genitori, da separato o divorziato, ha il dovere di collaborare con l’altro, per far sì che la crisi di coppia si riverberi il meno negativamente possibile sui figli e sulla loro crescita. Il genitore collocatario di figli minori, in particolare, deve offrire la massima collaborazione all’altro, perché i figli a lui affidati instaurino o mantengano con quello non collocatario un rapporto significativo.

2.-a/2

Sulla problematica qui trattata, in tempi antecedenti rispetto a quelli del provvedimento sopra richiamato ma in sintonia con lo stesso, si erano già mossi sia il Tribunale di Roma ( Trib Roma Sez. I, 13.09.2011)-(2) che, a più riprese, il Tribunale di Milano, ispirando i loro provvedimenti in materia a principi simili a quelli espressi dal Tribunale di Catania (vedansi:Trib. Milano, Sez.IX Civile, decreto 14 gennaio 2015;-Trib. Milano, Sez. IX Civ., decreto 25 giugno 2013; Trib. Milano, Sez. IX Civ., decreto 26 ottobre 2016 ) ( 3)

Pure il Tribunale di Catanzaro, in un procedimento di separazione giudiziale (nella fase a cognizione ordinaria successiva a quella presidenziale in cui sono da emettere provvedimenti provvisori ed urgenti relativi agli interessi della prole e dei genitori) con la recentissima ordinanza 21 dicembre 2016, relativamente al problema dell’intrattenimento del padre (genitore non collocatario) con la figlia minore, si è inserito in questo filone, dando rilevanza alla funzione del genitore ed alla necessità che si affini la sua confidenza di vita con la bambina (4).

2.-a/3

Giurisprudenza della Cassazione

Deve rammentarsi che non solo presso i giudici di merito si sta facendo strada l’opinione di cui sopra.

Pure la Cassazione sta esprimendo, a supporto della cogenitorialità o responsabilità genitoriale condivisa, il suo autorevole parere. Sostiene, in alcune sentenze, il nuovo concetto di responsabilità genitoriale improntato alla massima collaborazione tra coniugi nell’elaborazione di un progetto di vita per il figlio/figlia ed al dovere, per il genitore collocatario, di attivarsi perché venga introdotto od anche mantenuto (ove già esistente) un proficuo e continuo rapporto tra genitore non collocatario e figlio/figlia (5).

2.-a/4

Filone giurispudenziale che privilegia la madre in quanto tale

Non si può non evidenziare, però, che, a fronte dell’elaborazione giurisprudenziale di cui sopra, esiste tuttora forte resistenza, in giurisprudenza, ai principi prima richiamati. Vengono tutt’ora emesse, anche nel locale ambiente di Catanzaro, pronunzie che, nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, soprattutto fino ai primi tre anni di vita del minore, privilegiano la madre in quanto tale ed a prescindere dalle situazioni concrete.

Si possono in proposito richiamare l’ordinanza presidenziale del Tribunale di Catanzaro, depositata il 6.10.2015 e l’ordinanza della Corte d’Appello di Catanzaro, emessa in sede di reclamo, depositata il 10.5.2016.

L’ordinanza emessa dal Presidente del Tribunale di Catanzaro (6) è espressione di quella corrente di pensiero che ritiene che, fino al compimento dei tre anni di vita del bambino, solo la madre possa assolvere pienamente la funzione genitoriale, farsi carico degli interessi del figlio minore ed assicurargli la cura, l’educazione, l’istruzione e l’assistenza morale delle quali ha bisogno (emerge dal contenuto della detta ordinanza di cui in nota). Essa, a chi scrive, appare essere frutto di uno stereotipo culturale ormai superato, che non tiene conto dell’evoluzione sociale, delle nuove teorie scientifiche e della più recente legislazione.

La Cassazione Civile, con la recente sentenza 18087 del 14.9.2016                                     ha rammentato la teoria che, in applicazione del “principio della maternal preference“, nel rapporto di affidamento anche se condiviso, privilegia comunque                             la madre, a meno che il collocamento presso di lei non costituisca pericolo per il minore. Ha pure precisato, però, che il detto principio andava applicato nella fattispecie concreta sottopostale, poichè non contestato nei precedenti gradi di giudizio. Ha rigettato il ricorso proposto dal padre (che aveva chiesto la cassazione del decreto n. 914 del 27.10/3.11.2015 emesso dalla Corte d’Appello di L’aquila, in sede di reclamo, che aveva disposto il collocamento prevalente dei due figli presso la madre, sovvertendo il decreto del 5.8.2015 emesso dal Tribunale di Vasto,                       che aveva invece collocato prevalentemente i due minori presso il padre, ritenendolo più adatto della madre a prendersi cura quotidianamente di essi.) per svariati altri motivi di merito, puntualmente disaminati.

Il principio di “maternal preference” richiamato nella detta pronunzia della Corte è sottoposto a serrata critica nel decreto 26 ottobre 2016 del Tribunale di Milano Sezione IX.

3.-

Evoluzione scientifica, sociale e normativa favorevole alla prima teoria

La teoria della superiorità di genere della madre rispetto al padre nella cura del figlio/figlia minore, a prescindere dal caso concreto, in realtà, parte da una presunzione cui conferisce carattere di assolutezza ed indiscutibilità: il padre non avrebbe funzione sufficientemente importante nel garantire l’armonico equilibrio dello sviluppo psico-fisico del minore, non sarebbe in grado di garantire al figlio minore quello che soltanto la madre potrebbe dare.

E però, sotto il profilo più propriamente scientifico, da alcuni anni a questa parte ormai, gli esperti avvertono che anche il padre “ può essere figura di attaccamento fin dai primi anni di vita, se si pone in atteggiamento di disponibilità affettiva verso i figli” ( G. Franchi).

E’ stata così rivalutata l’importanza del ruolo del padre, la cui assenza od anche solo insufficienza influirebbe -dicono gli studiosi- sul “concetto di sé” , sull’ansietà, sull’impulsività, sullo sviluppo morale, sull’autocontrollo e sul comportamento delinquenziale del minore (DELL’ANTONIO     ).

Nei tempi attuali, in buona sostanza, la scienza psicologica mira a recuperare, già dai primi anni di vita dei bambini, l’importanza della figura paterna ed attribuirle il ruolo che le compete nel rapporto col figlio minore, anche per quanto riguarda il soddisfacimento dei principali bisogni e la garanzia dei riferimenti affettivi-relazionali.

Le nuove elaborazioni della scienza psicologica infantile, del resto, sono in linea con le trasformazioni socio-culturali intervenute negli ultimi anni : non si non può non sottolineare che oggi i ruoli di padre e di madre non sono più statici ed immutabili e che, invece, v’è una forte tendenza alla flessibilità ed all’interscambio.

Si è in proposito rilevato che “la realtà familiare di oggi propone un’interscambiabilità dei ruoli genitoriali ed affiora una nuova figura di padre pronto a farsi carico dei problemi e della cura della prole. Spesso, quanto meno nei nuclei familiari più giovani, anche il padre riesce a dare quella tenerezza di cui i figli minori (specie i più piccoli) hanno bisogno e della quale non deve essere considerata dispensatrice solo la madre

Per la scienza psicologica infantile non sarebbe corretto affermare che la madre è sempre preferibile, anche laddove non abbia caratteristiche idonee all’assolvimento della funzione genitoriale e non sia munita di competenze adeguate.

A tal fine sono stati fondamentali gli studi sull’attaccamento, condotti da John Bowlby già dagli anni 70, che hanno consentito di acclarare ed affermare che non è il genere od il vincolo parentale, bensì la natura del rapporto che si instaura tra colui che maggiormente si occupa del bambino, fino a divenirne la “base sicura” (il c.d. caregiver) a dare senso di protezione e tranquillità indispensabili a garantire uno sviluppo psicoficico adeguato.

Per la detta teoria non è determinante il sesso del genitore cui affidare prevalentemente il minore o presso cui collocarlo preminentemente, quanto, piuttosto, l’idoneità della relazione che l’uno o l’altro genitore è capace di instaurare.

Essa, in definitiva, toglie di mezzo ogni valore di scientificità alla maternal preference.

A tal proposito valga qui sottolineare che pure per la scienza pediatrica: -ogni minore, “fino al raggiungimento di una piena autonomia fisica ed affettiva” ed “in tutte le fasi della sua crescita” ha bisogno del pieno apporto collaborativo di entrambi i genitori”; -durante il primo anno di vita, particolare attenzione deve essere prestata al “nutrimento affettivo” che deve essere assicurato da entrambi i genitori, utilizzando e stimolando tutti e cinque i sensi; -l’esclusione, od anche solo la compressione della partecipazione a questo processo, di uno dei genitori risulta di grave nocumento alla crescita psico-fisica dei minori; – particolarmente importante è che si adottino decisioni concordate relativamente alle vaccinazioni facoltative, alle modalità di svezzamento e, in genere, alle decisioni riguardanti la salute del minore.

E’ pure da evidenziare che i profondi cambiamenti nei costumi sociali intervenuti negli ultimi anni (sono ben pochi i padri che, oggigiorno, ritengono disdicevole prendersi cura dei bisogni dei figli anche piccolissimi, quali l’allattamento artificiale od il cambio dei pannolini, ecc.), sono stati recepiti dalla legislazione più recente.

Si pensi, ad esempio :

-al D.Lgs 26 marzo 2001 n. 151, che ha sostituito la Legge 30 dicembre 1971 n. 1204, a tutela delle lavoratrici madri, parificando i padri alle madri già nei primissimi mesi di vita dei bimbi e nel delicatissimo periodo dell’allattamento;

-alla Legge n. 54/2006, c.d     dello “affido condiviso” che, nel momento di disgregazione della coppia, ha inteso conferire pari dignità ai genitori nei loro rispettivi ruoli e funzioni, esaltando il principio di bigenitorialità o cogenitorialità;

- alla legge n.219/2013 ed al D.Lgs n.154/2013, che hanno dato un significativo contributo all’affermarsi della responsabilità genitoriale, spettante ad entrambi i genitori, a prescindere dal loro genitore.

-al D.Lgs n.80/2015 che disciplina la maternità e paternità e prevede il congedo di maternità/paternità e parentale.

La scienza psicologica infantile, quella pediatrica e la legislazione, negli ultimi anni, pertanto, si sono dunque orientate in senso ben diverso rispetto all’opzione culturale della “maternal preference”.

4.-

CONCLUSIONE

Le scienze che si occupano del settore e la stessa società si stanno evolvendo in senso favorevole alla teoria contraria all’applicazione del pregiudizio di genere e del principio della “maternal preference”. Sono confortate in questo dalla normativa internazionale di rierimento, dalla Costituzione italiana e dalla più recente legislazione in materia.

Le dette nuove prese di posizione sono conformi a quella che deve considerarsi come una sorta di stella polare nell’ambito del diritto minorile : l’interesse del minore è assolutamente preminente ogni qualvolta lo stesso entri in contatto con gli adulti (già a partire dal suo nucleo familiare) e, così, anche in ogni procedimento che lo riguardi e lo coinvolga, sia esso un procedimento amministrativo, od un processo civile o penale.

A questo principio devono uniformare i loro comportamenti i genitori, che sono obbligati a collaborare per la realizzazione dell’interesse del minore, esercitando, insieme, la funzione di bigenitorialità o cogenitoralità.

Esistono però, non lo si deve nascondere, significative resistenze al nuovo, che si esprimono, ancora, in diversi provvedimenti giudiziari.

Non si può ancora dire, pertanto, che sia stata messa la parola fine alla querelle in atto e che si dia integrale applicazione al principio di bigenitorialità o cogenitorialità.

A prescindere da ciò, si sottolinea, comunque, che tutti gli operatori del settore ( giudici, servizi sociali, avvocati, esperti in scienze attinenti ai minori) non possono prescindere dall’esame del caso concreto, dall’attenzione al minore che hanno di fronte, dal suo ascolto nei modi di legge.

Ogni decisione attinente al collocamento prevalente dei minori od alle modalità ed ai tempi di intrattenimento dei minori coi genitori non collocatari è da prendere caso per caso, senza alcun pregiudizio di genere. Tenendo presente che, ogni qualvolta ci si occupa di un minore, bisogna mettere da parte gli atteggiamenti propri degli adulti, che, nella maggior parte dei casi mirano a primeggiare sugli altri adulti che, a vario titolo, partecipano ai procedimenti.

In ogni procedimento che coinvolge minori, non può esserci e non deve esserci un soggetto adulto che mira a vincere, o vince, sugli altri.

Si vince o si perde tutti insieme, nella misura in cui si realizza o non si realizza l’interesse del minore.

Catanzaro, 23 febbraio 2017

Avv. Angelo Polacco

 

 

 

(1)Si tratta di termine e concetto che ha sostituito la potestà genitoriale, retaggio di modi di vivere propri del popolo romano e di principi del diritto romano, che attribuiva al “pater familiae” la “patria potestà”, ovverosia un potere assoluto, cui corrispondeva una soggezione altrettanto assoluta simile a quella degli schiavi, che si spingeva fino al “diritto di vita e di morte.

(2) Per il Tribunale di Roma: ““sussiste la responsabilità del genitore che venendo meno al fondamentale dovere, morale e giuridico, di non ostacolare, ma anzi di favorire la partecipazione dell’altro genitore alla crescita ed alla vita affettiva del figlio, abbia impedito, con una condotta pervicace e reiterata,…frequentazioni tra l’altro genitore ed il figlio”

(3)Il Tribunale di Milano ben chiarisce, in particolare con il decreto 14 gennaio 2015, che: “” In regime di affidamento condiviso, con la scelta dei tempi di permanenza dei figli presso l’uno e l’altro genitore, il giudice si limita a fissare la “cornice minima” dei tempi di permanenza. Tuttavia la cornice minima data dal giudice, deve essere pienamente adeguata alle esigenze della famiglia ed all’interesse dei minori, poiché deve consentirsi ai figli di trascorrere con il genitore non collocatario dei tempi adeguati e segnatamente dei fine settimana interi, e tempi infrasettimanali, garantendo una certa continuità di vita in questi periodi.“” Prosegue, poi, con l’affermare che “”..la genitorialità si apprende facendo i genitori e, dunque, solo esercitando il ruolo genitoriale una figura matura ed affina le proprie competenze genitoriali..“”

Con il decreto 26 ottobre 2016, ha preso fortemente posizione contro il pincipio di “maternal preference”, sostenendo che:””..nè gli articoli 337-ter e ss del codice civile, nè la Carta Costituzionale assegnano rilevanza od utilità giuridica a quella che taluni invocano come “principio della maternal preference” (nella letteratura di settore: Maternal preference in Child Custody Decisions); al contrario, come bene hanno messo in evidenza gli studi anche internazionali, il principio di piena bigenitorialità e quello di parità genitoriale hanno condotto all’abbandono del criterio della “maternal preference” a mezzo di <<gender neutral child custody laws>>, ossia normative incentrate sul criterio della neutralità del genitore affidatario, potendo dunque essere sia il padre, sia la madre, in base al solo preminente interesse del minore, il genitore di prevalente collocamento non potendo essere il solo genere a determinare una preferenza per l’uno o per l’altro ramo genitoriale; normative del genere sono univomante anche quelle da ultimo introdotte dal legislatore in Italia…””

Il decreto è stato adottato a seguito di articolata istruttoria ed anche in base a CTU che aveva stabilito la migliore attitudine genitoriale del padre rispetto alla madre; ha mantenuto il pricipale collocamento della minore presso il padre.

Tribunale Catanzaro, ordinanza 21 dicembre 2016, che, relativamente ai periodi di intrattenimento del padre non collocatario con la figlia minore (di anni due), così si si esprime: “” nè è da trascurare il dato che, sempre nell’ottica degli interessi della bimba (alla quale deve in ogni caso assicurarsi la continuità del rapporto affettivo con il padre, tendenzialmente inteso anche al consolidarsi di una reciproca confidenza e consuetudine di vita in comune) in regime di affidamento condiviso, la scelta in ordine ai tempi di permanenza dei figli presso l’uno o l’altro genitore è rimessa in primo luogo agli accordi tra genitori, e solo in caso di disaccordo, al regolamento giudiziale, che ha natura susidiaria e costituisce la “cornice minima” dei tempi e modalità di permanenza..””

 

(5) Cass.Pen. Sez.VI, sentenza 23.3.2016 n.12391: “Rientra infatti tra i doveri del genitore affidatario quello di favorire, a meno che sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità, il rapporto del figlio con l’altro genitore. La natura delle posizioni di cui sono portatori i due genitori e quindi l’obbligo di collaborazione da una parte ed il diritto dell’esercizio di visita e frequenza dall’altra, si coniuga poi con il dovere, comune ad entrambi, di contribuire alla crescita equilibrata della personalità del minore

Nello stesso senso, Cass.Pen., sentenza 8 luglio 2011 n.26810, ””…. si riscontra la mancanza di una attiva e doverosa collaborazione da parte del genitore affidatario alla riuscita delle visite e degli incontri dell’altro genitore stabiliti con provvedimento del giudice civile, collaborazione essenziale soprattutto nel caso di un minore in tenera età, nel cui interesse si prevede che entrambi i genitori debbano mantenere e coltivare un rapporto affettivo con il proprio figlio””.

(6)Ordinanza del Presidente del Tribunale di Catanzaro 6.10.2015

Con la detta ordinanza, premesso “che, per il periodo successivo al compimento dei tre anni della minore, l’esercizio del diritto di incontro e di intrattenimento da parte del genitore non collocatario potrà essere meglio meglio regolamentato nel prosieguo di causa..” , autorizza il resistente allo stato ..” a visitare la bimba per la durata di due ore il pomeriggio di martedì, iovedì e, a settimane alterne, di domenica, anche di domenica, oltre che negli altri giorni festivi, nonché a trattenerla con sé per due settimane dalla prossima estate in periodo che sarà concordato dai genitori” . Così disponendo, il Presidente del Tribunale, con provvedimento per definizione <urgente e provvisorio> ha preteso di disciplinare un aspetto assai importante del rapporto figlio minore-genitore non collocatario, quello dei tempi e delle modalità d’intrattenimento figlia padre, per ben due anni; ha escluso il sabato, dai giorni durante i quali il padre possa stare colla figlia; si è espresso in termini stereotipati e non congrui, tanto da poter fare ritenere (sia pure strumentalmente ed erroneamente) che pure la domenica e nei periodi festivi di Natale, Capodanno, Epifania e Pasqua, la minore si potesse incontrare col padre, ogni giorno, soltanto per due ore (cosa che la madre ha puntualmente fatto, imponendo al padre di incontrare la figlia pure in questo periodi <<che hanno, invece, la stessa funzione del lungo periodo di intrattenimento estivo nel rapporto tra il minore ed il genitore non collocatario>> soltanto per due ore al giorno).

Così operando il Presidente del Tribunale, senza ombra di motivazione, ha dato esecuzione al principio di “maternal preference”ed ha imposto al genitore non collocatario di potersi intrattenere con la figlia, ogni settimana, appena 6 ore su 168; lo ha relegato in un angolo davvero insignificante, mortificando pesantemente la sua funzione genitoriale.

Ma non basta; ha pure ignorato completamente quanto lamentato dal padre in ordine alle scelte sempre unilaterali relativamente alla salute della bambina effettuate dalla madre, vera e propria “madre proprietaria”, tanto da spingersi con tutta naturalezza a definire “sue concessioni” tutto quanto accordato al padre ( la madre, nel narrato del padre, avrebbe scelto unilateralmente il pediatra, che avrebbe poi determinato l’approccio medico con la minore; avrebbe reso vani due appuntamenti specialistici che il padre, dopo averli concordati con lei, aveva fissato presso l’Ospedale “Pugliese” di Catanzaro; avrebbe impedito al padre di fare mettere in contatto un suo pediatra di fiducia con quello da lei unilateralmente prescelto, per concordare l’approccio medico da tenere con la minore, ecc.). Non ha speso alcuna considerazione e non ha adottato alcun provvedimento sulle dette lagnanze.

Il padre, non collocatario, si è visto comprimere gravemente ed in maniera forse non emendabile il diritto-dovere di esercitare a pieno la sua funzione genitoriale e la minore non ha potuto godere del pieno apporto del padre in un periodo così delicato della sua vita.

Ordinanza della Corte d’Appello di Catanzaro, emessa in sede di reclamo, depositata il 10.5.2016.

 

La Corte d’Appello di Catanzaro, con la detta ordinanza, ha confermato integralmente l”ordinanza e

messa dal Presidente del Tribunale di Catanzaro. Con uno dei motivi di reclamo il padre aveva lamentato che la madre prendesse sempre decisioni unilaterali per tutto quanto concerneva la salute della minore e chiesto che si ordinasse alla madre di prendere le dette decisioni soltanto dopo averle concordate con lui e le si imponesse di consentire che un pediatra da lui scelto potesse colloquiare con quello dalla medesima imposto, così da daterminare consensualmente l’approccio medico da seguire con la minore. La Corte ha rigettato il motivo con l’assunto che -dai certificati rilasciati dal pediatra imposto dalla madre- risultava la banbina godere di ottima salute. Il padre, però, mai aveva lamentato uno stato precario di salute della minore, ma aveva sottoposto all’attenzione della Corte ben altri problemi. Sugli stessi anche la Corte ha taciuto, dando prevalenza alla madre in quanto tale.

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